http://dati.culturaitalia.it/resource/oai-culturaitalia-it-museiditalia-work_63895 an entity of type: E22_Man-Made_Object
Il dipinto raffigura un episodio della vita di Mose' riferito dalla Bibbia versificata di Geofroy de Paris ed Herman de Valencerinies in cui il futuro patriarca, quasi ancora un neonato, adottato dalla figlia del Faraone, viene sottoposto alla prova del fuoco perche' si chiariva con quale intenzione, per gioco, egli aveva fatto cadere la corona dalla testa del Faraone. Alla presenza del Faraone Mose' si pone in bocca un carbone ardente, rimanendo cosi' balbuziente per sempre, ma dimostrando anche la sua completa innocenza. Con questo soggetto il Giorgione si pone in riferimento al tempo della Sapienza nell'accezione piu' strettamente biblica: la sapienza e' la virtu' per eccellenza (Ecclesastico, 1-4) e delle sue lodi è intessuta la bibbia che comprende ben sette libri sapienziali. Nell'infante Mose' che si mette i carboni ardenti in bocca per ingannare il faraone, si manifesta la sapienza divina, di natura etico-religiosa. Gia' nel 1692 il dipinto, assieme al suo pendant (Il Giudizio di salomone, NCTN 00286722), risulta elencato tra i beni artistici della Granduchessa di Toscana nella villa di Poggio imperiale; passava poi agli Uffizi nel 1795 con l'attribuzione a Giovanni Bellini. Solo nel 1861 il Cavalcaselle assegna entrambi i dipinti al Giorgione. La critica successiva ha soprattutto dibattuto il problema delle collaborazioni: è infatti opinione diffusa che l'impianto generale sia stato ideato ed eseguito dal Giorgione, mentre problematica risulta il discorso sulle figure per le quali il Fiocco (1941) avanza il nome del Campagnola; secondo il Longhi (1946) molti dei personaggi si debbono ad un ignoto collaboratore ferrarese tra Ercole (De Robertis) e il Mazzolino. Anche il Morassi (1942) pensa ad un aiuto, identificandolo nel Catena, ipotesi interessante, poiche' i rapporti tra i due artisti dovevano essere piuttosto stretti, come si rileva dalla scritta sul retro nel "Ritratto di giovane donna (Laura)" conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Attualmente la critica è comunque concorde nel riconoscere che si tratti di una delle prime opere del Giorgione, di straordinaria bellezza e sostanzialmente "unitaria", e che le differenze stilistiche rilevate tra le varie figure, siano piuttosto da ascrivere a restauri, piuttosto che a collaboratori (P. Zampetti, 1978). La figura femminile che guarda verso l'esterno, ad esempio, sembra un preludio alla "Giuditta" di Leningrado, mentre tutte le altre corrispondono all'ideale tipologia del maestro.